Pur non pronunciandosi pregiudizialmente contro la Facoltà di Architettura, il Partito Democratico algherese vuole che l’ex-vecchio ospedale  del Centro Storico venga destinato ad albergo di lusso piuttosto che essere utilizzato a fini accademici. Una posizione politica che crea sconcerto in chiunque abbia consapevolezza dell’avanzato stato dei lavori di recupero di quell’immobile.  

          La decisione di ospitarvi la Facoltà di Architettura risale all’anno 2000, quando il Comune di Alghero si batté per inserire nei finanziamenti europei del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS 2000 – 2006) il programma di costituzione di una sede di formazione universitaria sull’urbanesimo e l’architettura del Mediterraneo. L’obiettivo di istituire in Alghero la Facoltà di Architettura godeva del partenariato tra le Università di Sassari, di Cagliari, della Corsica (Corte)  e delle Baleari.  
         La proposta, che sull’immobile in questione comportava una previsione di investimenti pari a 25 Miliardi delle vecchie Lire, era stata accolta nel documento di programmazione provinciale e successivamente trasmessa alla Regione per essere finanziata con i fondi del POR  Sardegna (Programma Operativo Regionale), Misura 3.7, annualità  2000 – 2006. 
        Finalmente, dopo un lungo iter burocratico, soltanto nel 2006 il Comune poteva espletare la gara d’appalto per il recupero di quella importante struttura: erano stati reperiti circa 9 milioni di Euro; somme alquanto importanti ma comunque inferiori rispetto alla richiesta di fondi originariamente presentata alla Regione.

LA FACOLTA’ DI ARCHITETTURA NASCE CON OBIETTIVI DI INTERESSE INTERNAZIONALE

          Quei fondi hanno una specifica destinazione; sono stati concessi per obiettivi strategici ben chiari, mirati all’innalzamento del livello culturale in Sardegna. Non quindi finalità di interesse esclusivamente locale, bensì più estese che -forse e a questo punto- vale la pena  di elencare quantomeno in modo succinto nei seguenti punti: 1)-Assunzione di un ruolo pilota della Regione Sardegna e delle sue Università nei programmi europei per il Mediterraneo; 2)-Scambio e integrazione culturale tra i Paesi della regione mediterranea; 3)-Mobilitazione e valorizzazione di risorse scientifiche, progettuali, culturali e finanziarie; 4)-Rinnovamento nel modo di studiare l’architettura previa opportuna riflessione scientifica sui processi di formazione della volontà pubblica ecc..  . 
          Allo stato delle cose (si pensi agli ambienti progettati e già strutturati in funzione dell’attività accademica), oggi non è pertanto pensabile una qualunque modificazione delle scelte  a suo tempo impostate; quella destinazione dei fondi non potrà non essere rispettata!

È  PROPRIO INDISPENSABILEL’ALBERGO DI LUSSO NELL’EX-OSPEDALE?

          Ma se si desse per ammessa la eventualità della scelta alberghiera, logica vorrebbe che contestualmente venga anche indicata la soluzione alternativa per dove collocare la Facoltà di Architettura. Orbene, nella proposta dei Consiglieri del Partito Democratico algherese non risulta alcuna menzione al riguardo. Si deve allora dedurre che per costoro non sia di  alcun significato la presenza di una Facoltà di Architettura, nella Città che si o­norano di amministrare?              Se è lecito pensarlo, deve però sperarsi che così non sia! Vero è, comunque, che questa infelice omissione non può che essere indicativa di una scarsa considerazione per gli Studi Universitari in Alghero da parte di costoro.  Eppure si tratta di  persone di buon senso; alcune anche di elevato grado culturale, intelligenti ed in condizioni  di avvedersi di una tale grave manchevolezza. 
           A volte però capita che, o­nde compiacere al collega della medesima coalizione, si finisca per dare l’assenso ad una scelta politica senza neanche  aver valutato sufficientemente i suoi risvolti. 
           Forse, tra i tanti firmatari, sarà stato qualcuno ad aver preso l’iniziativa e ad aver chiesto agli altri la condivisione del documento, pensando -con il pragmatismo che è solito in queste circostanze- alla notevole eco che avrebbe potuto suscitare, tra la opinione pubblica, l’idea dell’albergo di lusso? 
        Nella conferenza di presentazione, si è detto che la proposta sarebbe maturata a seguito di una attenta analisi del territorio e che il turismo algherese necessiti di  crescere soprattutto nella  qualità della sua offerta. 
        L’analisi e gli obiettivi appaiono indiscutibilmente puntuali; sono però accompagnati da una proposta in sé alquanto fragile: come potrebbe mai ottenersi un alto livello di offerta turistica  nella pressoché totale assenza di un sistema organico di riferimento?

          Talvolta, senza scomodare alte teorie economiche, i detti popolari si rivelano fruttuosi alla comprensione di un difficile concetto scientifico più di quanto non lo possano essere le formule matematiche e le statistiche utilizzate a corredo dello stesso. È proprio il caso della rondine che, se da sola, “non fa primavera”: un albergo di lusso in evidente isolamento funzionale potrà rivoluzionare il livello qualitativo della offerta tristica algherese?  È evidente che no! Non sarà forse il caso di pensare non ad uno, ma a più alberghi di questo genere inseriti in un contesto funzionale-ambientale consono agli obiettivi di sviluppo auspicati?  E se si conviene nella tesi della scelta di sistema, non sarebbe più facile intervenire in siti urbanisticamente plasmabili piuttosto che dover ricorrere a sconvolgenti trasformazioni urbanistiche all’interno di un’area fortemente critica e consolidata negli assetti quale è quella del Centro Storico?

L’UNIVERSITA’,  ACCELERATORE CULTURALE ANCHE A VANTAGGIO DELLA CLASSE POLITICA

          Peraltro, nella fattispecie, la parte antica della Città mal si presterebbe ad una combinazione insediativa di tal genere poiché è ben altra la sua vocazione sociale, economica e culturale. La presenza di una grossa struttura ricettiva di livello superiore snaturerebbe la caratteristica unica e fondamentale propria dei Centri Storici, che è -e dovrà rimanere- la diretta fruibilità della popolazione locale. 
          L’insediamento universitario, al contrario, non infrange il presente, interpreta il passato e si proietta nel futuro. Esso è capace di  esercitare -nella sua naturalità- la funzione di “acceleratore culturale”, in grado di trascinare cioè  la comunità locale, e con essa la [sua] classe politica, verso livelli  di vivibilità  qualitativamente superiori.
          La qualità dell’offerta turistica passa anche per la “porta” della cultura, che crea prospettiva duratura (non effimera), già più che con operazioni estemporanee quando non anche immobiliaristiche. 
          Un albergo di lusso, che per quanto e tanto lo fosse, rimarrebbe pur sempre-rispetto all’Università- una vile e povera  realtà, non in spregio a chi lo frequenterebbe ma  per la esclusività dei luoghi che sarà inevitabilmente pretesa. L’albergo di lusso, per sua caratteristica funzionale, sfugge al rapporto diretto con la realtà sociale che lo circonda. Dove sarebbe la positività della sua scelta nel contesto urbanistico della Città antica?              L’Università invece è, per eccellenza, strumento  di crescita umana, culturale, sociale ed economica. E quale luogo migliore per il perseguimento di questo obiettivo, se non il cuore pulsante della Città, il contesto urbanistico e antropologico offerto dalla Città Antica, con una storia di relazioni che riconducendo al passato preparano il futuro a vantaggio di una ben più ampia collettività?

QUANDO SFUMO’ LA SCUOLA SUPERIORE IN  MANAGEMENT DEL BANCO DI SARDEGNA

           Già nell’aprile del 1989, il Consiglio Comunale era stato chiamato a pronunciarsi sulla eventualità di accogliere, in quell’edificio, la Scuola Superiore in Management  che il Banco di Sardegna intendeva organizzarvi.
           A fronte del comprensibile entusiasmo per la proposta fatta,  erano state sollevate però alcune perplessità proprio in relazione ai negativi  effetti  sul contesto urbano del Centro Storico, poiché  i cittadini sarebbero stati privati della diretta fruizione di uno dei più importanti complessi edilizi pubblici caratterizzanti la Città. L’albergo di lusso non riproporrebbe che la stessa problematica in maniera, se vogliamo, ancora più accentuata: l’uso lucrativo di un bene sociale a favore di una ristretta cerchia di imprenditori privati. Il vantaggio rimarrebbe circoscritto tra gli addetti ed il grave danno sarebbe nella perdita irreversibile di una struttura strategica con ricche potenzialità per il perseguimento del bene comune. 
         Ciò non vuole significare la demonizzazione dei privati imprenditori. È, anzi, sempre dai più  auspicata una collaborazione tra “pubblico” e “privato” soprattutto, però, partendo da presupposti contrari a quello in questione: il “privato” che metta a disposizione il proprio patrimonio ed il proprio rischio di impresa per il perseguimento di un bene economico e sociale condiviso dal “pubblico”.  Le iniziative dei privati con patrimonio pubblico corrispondono quasi sempre sistematicamente a scelte clientelari.

  EX VECCHIO OSPEDALE, “QUARTER SAYAL” ED EX SAICA NEL P.R.U.S.S.T.

           Già, nel maggio 1999, il Consiglio Comunale aveva aderito al P.R.U.S.S.T. “La Via del Mare” (Programma di Riqualificazione Urbanistica e di Sviluppo Sostenibile del Territorio). Oggetto della programmazione erano stati: il Complesso di Santa Chiara (ex Vecchio Ospedale), il Complesso ex Sella & Mosca (della ditta FERRONI, recentemente inaugurato come “Quarté Sayàl) e la ex-Area Saica. I programmi di riqualificazione urbanistica erano stati voluti dal Ministero dei Lavori Pubblici e consistevano nel riconoscere agevolazioni in favore dei Comuni interessati al recupero di immobili, pubblici e privati, ubicati sul fronte mare. Condizione indispensabile era  che l’apporto finanziario dei privati fosse per almeno un terzo dell’intervento globale. 
            Sulle tre strutture furono fissate le destinazioni d’uso:1)-Corsi Universitari (e Post) e Formazione in genere (Complesso    Santa Chiara); 2)-Parcheggi interrati e spazi pubblici di cerniera tra Città e porto     (Area Ex-Saica);3)-Centro Polifunzionale con museo enologico, sala espositiva di     prodotti tipici regionali, botteghe artigiane di alto livello, sala     attrezzata per conferenze e dibattiti, ristorante ecc.       (Ex  Complesso  Sella & Mosca). Fu in virtù di quel programma che i privati, in collaborazione col Comune, poterono recuperare in quel modo la struttura oggi denominata “Quarté Sayàl”.

 LA SCELTA DELLA FACOLTA’ CONSORTILEDI ARCHITETTURA DEL MEDITERRANEO

 Nel luglio 1998, in occasione dell’incontro di lavoro (Università IMEDOC – Isole del Mediterraneo Occidentale) tenutosi presso il Municipio di Alghero tra i rappresentanti delle Università di Sassari, di Cagliari, della Corsica e delle Baleari, l’Amministrazione Comunale aveva assunto l’impegno, con il Rettore Prof. Maida ed il Prof. Giovanni Lobrano, di garantire ogni supporto politico, economico e logistico per la istituzione in Alghero della Facoltà Consortile di Architettura del  Mediterraneo. Si richiedeva  una  certa tempestività e concretezza poiché anche la Spagna ambiva ad ospitare quei Corsi Universitari. 
          A seguito di un paziente impegno diplomatico, particolarmente sul fronte accademico,  si convenne per la scelta di Alghero come sede in virtù anche della sua baricentricità geografica e culturale, per le radici catalane che storicamente  l’hanno da sempre o­ntraddistinta .                    Ma  questa chance non sarebbe stata comunque sufficiente se, da parte del Comune di Alghero e dell’Università di Sassari, non vi fosse stata quella opera di capillare sensibilizzazione delle Istituzioni -ai vari livelli- dalla Provincia alla Regione fino al Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica il cui Dirigente Generale era il Dott. Antonelo Masia.  Fu proprio il Dott. Masia ad aver autorizzato, nel maggio 2001,  la istituzione della Facoltà di Architettura presso la sede di Alghero. Soltanto appena dopo si era potuto procedere alla pubblicazione, in data 13 Luglio 2001, del relativo Decreto Rettorale nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Già in tempi precedenti, con l’allora Ministro Sassarese o­n. Luigi Belinguer, erano stati fatti dei tentativi per la istituzione della Facoltà di Architettura presso l’Università di Sassari . Ma con rammarico, anche del Ministro,  la istanza non poté  essere accolta a causa del contingentamento  di quei Corsi di Studi. Fu grazie  all’intuizione del Prof. Giovanni  Lobrano, attualmente  Preside  della Facoltà di Giurisprudenza, che poté finalmente prefigurarsi in maniera reale la Facoltà in Alghero: non una Facoltà di Architettura come tante altre in Italia, ma con le caratteristiche dell’urbanesimo mediterraneo e -soprattutto- che fosse organizzata secondo un modello consortile tra le Università della Sardegna (Sassari e Cagliari), della Corsica (Corte) e delle Baleari. Un Consorzio tra Università appartenenti a tre diversi Paesi della Unione Europea (Italia, Francia, Spagna). Fu questa la “formula” che -raccogliendo tra i primi l’entusiasmo del Rettore  prof. Maida– si rivelò vincente per il fortunato conseguimento di un risultato che oggi è divenuta importante e strategica realtà per Alghero e per la Sardegna. Nel frattempo, il Prof. Giovanni Macciocco (oggi apprezzato e dinamico Preside della Facoltà), cui in precedenza il Comune aveva affidato l’incarico per il recupero e valorizzazione dell’immbile, poteva modificare i progetti in funzione della destinazione d’uso universitario. Va infatti evidenziato che, nel marzo del 1998, il Consiglio Comunale aveva già approvato un suo progetto per la realizzazione del Museo del Corallo e delle Produzioni Artigianali Sardo-Corse. Ciò grazie ad un  finanziamento INTERREG di 1,5 Miliardi di vecchie Lire; ma poiché la esiguità di quei fondi sarebbe stata insignificante per il recupero complessivo dell’immobile, la Amministrazione Comunale (anno 2000)  aveva preferito presentare un programma tecnico-finanziario per l’ottenimento di 25 Miliardi di Lire sui Fondi Comunitari delle annualità 2000 – 2006,  procedendo all’acquisizione della Villa Costantino per ospitare invece lì l’istituendo Museo del Corallo .   

IL COMPLESSO DI SANTA CHIARA  DOPO LA RIFORMA SANITARIA DEL 1978

          L’ex Vecchio Ospedale era rimasto inutilizzato dal 1968, quando fu realizzato  il nuovo Presidio Sanitario  della Petraia; ma  non poteva essere impiegato per altre finalità poiché  la Regione non aveva provveduto alla eliminazione del vincolo di destinazione d’uso ospedaliero. Eppure la proprietà era nominalmente passata-in virtù della Legge numero 833 del 1978, di Riforma del Servizio Sanitario Nazionale- – in capo al  Comune senza mai, però, esserne entrato materialmente  in possesso.  
          La Legge numero 833/1978  disponeva infatti che il passaggio dei beni ai Comuni dovesse avvenire previa inventariazione degli stessi sulla base di  criteri fissati con apposita  Legge regionale.
          La Regione Sardegna, tre anni dopo, provvedeva a disciplinare il settore con propria Legge (n. 19 del Luglio 1981). L’art. 49 disponeva che lo svincolo di destinazione dei beni dovesse essere deliberato dal Consiglio Comunale su proposta dell’Assemblea Generale dell’Unità Sanitaria Locale previa autorizzazione della Giunta regionale. Atti che vennero parzialmente eseguiti senza mai essere stati completati.
          Il Comune di Alghero, intendendo infatti affidare al Banco di Sardegna quell’importante Complesso edilizio per la realizzazione della Scuola Superiore di Management, aveva inoltrato formale richiesta (di svincolo della destinazione d’uso sanitario)  al Presidente della ASL n. 2 (maggio 1990). Successivamente sarebbe dovuta essere la Giunta Regionale a dare il definitivo assenso di svincolo. Ma, mentre l’Assemblea dei Comuni della ASL n. 2 si pronunciò favorevolmente (delibera dell’Aprile 1991), dalla Regione non giunse alcun pronunciamento in merito. A quella data, risulta infatti, non avesse ancora provveduto alla effettuazione dell’inventario dei beni; il che rendeva di fatto inattuabile ogni trasferimento.
        Casualità volle che, con Legge Statale del Dicembre 1992, n. 502, il patrimonio assegnato ai Comuni dalla precedente Legge n. 833/78 venisse trasferito alle Unità Sanitarie Locali ed alle Aziende Ospedaliere. Rimanendo, Il Vecchio Ospedale del Centro Storico, in proprietà della Regione, sfumava definitivamente il progetto della Scuola Superiore di Management nonché ogni concreta possibilità di trasferimento del bene al Comune. Oggi ci si può ritenere soddisfatti perché, grazie  proprio alle vicissitudini “negative” prospettate, si è reso possibile avviare una trattativa con la Regione e convenire sulla scelta della Facoltà di Architettura, senza ipoteche su altre ipotesi di utilizzo dell’immobile.


UN PD SULLE ORME DEL PDL SAREBBE INCOMPRENSIBILE ALLA GENTEE SOPRATTUTTO  PERDEREBBE LA SUA UTILITA’ SOCIALE 
       
           Il PD è di sinistra  o di destra ? Il PD è di sinistra anche quando fa una politica di destra? Il PDL è di destra o di sinistra? Il PDL è di destra anche quando fa una politica di sinistra? È la domanda che il cittadino della strada spesso si pone soprattutto quando nota che, specie in ambito locale, manca ogni percepibile differenza tra le due coalizioni.  In realtà, infatti, spesso capita che in una stessa coalizione -quando non anche partito-  si presentino insieme posizioni politiche di destra e di sinistra: i frequenti conflitti interni ne sono una dimostrazione palese. La classica differenziazione “ destra/sinistra” è ormai svanita da 20 anni, ma nel nostro vezzo politico si continua ad alimentarla -seppure con le più garbate intensità- sul modello delle tifoserie calcistiche. Non è forse questo uno dei più preoccupanti limiti della nostra democrazia?
           Il porsi su posizioni antagonistiche mentre si ricalcano metodi  e contenuti dell’avversario, non può che creare l’illusione dell’alternativa, senza però mai poterla  conseguire! 
          La vera sfida della politica oggi è tra chi vorrà sostenere le scelte elitarie e chi invece quelle comunitarie. Le prime sono esclusive per pochi nonché tendenzialmente egoistiche, mentre le seconde sono di coinvolgimento popolare e tendono al perseguimento del Bene Comune. Le prime si preoccupano di decidere per il Popolo, mentre le seconde si preoccupano di decidere mediante il Popolo.
           La differenza è più che sostanziale! Vi è alla base un problema di metodo che non può essere eluso nelle relazioni con la cittadinanza: la legittimazione di organismi permanenti di consultazione -ad iniziare dai quartieri- è uno degli strumenti che potrebbero garantire la partecipazione popolare alle scelte pubbliche della comunità locale. Si vuole predisporre un PUC per pochi o  mediante il confronto popolare?  Ma vi è di più: la questione educativa e della promozione culturale. Le classi elitarie non cesseranno di propendere per il perpetuarsi della loro condizione privilegiata, mentre concederanno alle altre presenze sociali soltanto le risorse residuali. Anche qui, da quale parte vorrà stare il Partito Democratico?  Se il PD intende confermarsi anche quale paladino della gente indifesa, che senso ha contrastare iniziative di crescita culturale, soprattutto quelle aperte alla pluralità dei cittadini come  è l’Università? La crescita culturale è uno dei pochi strumenti che può aiutare il non abbiente a superare la propria condizione di irrilevanza sociale; perché ostacolarlo? L’Università è arricchimento culturale, è luogo di eccellente confronto soprattutto perché facilita le dinamiche di mobilità sociale. Una sola minima indelicatezza politica nei confronti del mondo accademico è purtroppo segno di povertà sociale. Perché non avvedersene? 

 T.B. (Novembre 2008)