Oggi non manca, nella terminologia corrente, il riferimento frequente a  tematiche come: “pluralismo culturale”, “multiculturalismo”, “interculturalismo” ecc…
 Effetto e sintomo di una dinamica immigratoria affacciatasi in ragguardevoli proporzioni, almeno da noi in Italia,  nell’ultimo decennio.
 La gente comune si trova  dunque a dover  fare i conti con una realtà nuova, pressoché precedentemente sconosciuta o comunque non adeguatamente valutata sin dal  suo primo manifestarsi. Deve rivedere il modo di essere e di rapportarsi con un forestiero non vacanziere ma bisognoso, che fugge da luoghi di miseria tormentati dalla fame e dalla guerra,  che cerca lavoro, che aspira a farsi una nuova vita nella serenità e nella pace.

          Come viene visto l’immigrato? Non mancano coloro che ritengono sia venuto  a turbare la nostra tranquillità; a sconvolgere i nostri equilibri sociali consolidatisi in tanti anni.
 Certo, ci eravamo abituati ad una vita di comodità e, sotto alcuni aspetti, di spensieratezze. E poiché non volevamo che i nostri figli patissero le stesse difficoltà della vita provate da noi   e dai nostri genitori, li abbiamo fatti crescere nella piena deresponsabilizzazione rispetto alle questioni di interesse generale come ad es. quelle delle popolazioni povere dell’Africa e dell’estremo Oriente che oggi, appunto,  bussano alle nostre porte e ci chiedono aiuto.
 Il mondo occidentale si è modellato all’insegna del consumismo, dello spreco, della liberalità e della esaltazione della libertà quale unico fine ultimo da perseguire. Eppure anche la libertà ha i suoi limiti: essa finisce lì dove inizia quella altrui.
  É mancata, specie per le ultime nostre generazioni, la educazione alle responsabilità verso la comunità di appartenenza; il senso della solidarietà si è affievolito per lasciare spazio all’individualismo ed alla esaltazione di sé stessi. 
 Oggi, le dinamiche demografiche in atto ci mettono davanti ad un bivio: capire le cause di tale fenomeno  e agire di conseguenza per la integrazione sociale in una prospettiva di nuovi approcci basati sulla capacità di dialogo con soggetti aventi culture diverse dalla nostra, oppure trovarsi in una situazione di facile conflittualità sociale, inevitabile se saranno assunti atteggiamenti di chiusura nei confronti dei nuovi arrivati.
 Il buon senso suggerirebbe che prendendo responsabilmente coscienza del fenomeno, esso diverrà occasione e strumento di crescita e maturazione umana per ciascuno di noi .
 Una scelta, come tutte quelle più importanti, che ci obbliga a fare delle rinunzie rispetto alla idea di società che ci eravamo artificiosamente creati. Ma la realtà è sempre ben altro rispetto a ciò che si sogna: la spensieratezza è un aspetto della vita che può appartenere soltanto al mondo dell’infanzia; trascorso questo, diviene marcatamente anacronistico il volerci ritornare. È doveroso sentirsi responsabili di tutto ciò che accade intorno a noi. Ognuno, evidentemente in base al ruolo più o meno di rilievo che svolge nella società. 

T.B.