ALGHERO – “Ad Alghero c’è”. Era uno slogan coniato
per la campagna elettorale del Sindaco. Oggi potremmo mutuarlo per il
Piano Urbanistico Comunale. Il PUC, dunque, ad Alghero c’è? Beh, per
l’esattezza sarebbe corretto affermare che inizia ad esserci, e non è da
poco!
Finalmente, dopo circa ben sette anni di esitazioni politiche e dubbi amletico-normativi, qualcosa di nuovo si muove: il Centro-Destra algherese è riuscito a comporre un puzzle che potrebbe rappresentare la prima bozza di discussione di quello che sarà il vero PUC di Alghero.
Il rischio di far passare ancora infruttuosamente questa seconda
consiliatura comunale ed il timore di perdere irreversibilmente la
credibilità politica nei confronti degli elettori, hanno indotto la
Amministrazione cittadina a tracciare -seppure in forma non esaustiva-
una qualche proposta di PUC che abbia a non
confliggere con la vigente legislazione in materia di urbanistica e a
non incorrere in eventuali intoppi da parte della Regione.
Ma come è questo PUC? Attraverso quale procedimento politico è stato concepito? Di tutto ciò per adesso, almeno ufficialmente, non è dato di sapere: la Città ne è all’oscuro.
Sembrerebbe che il modello a cui è ispirato sia quello del Panoptcon di Bentham,
particolarmente applicato nelle carceri, nei manicomi ed in alcune
caserme: un insieme di celle separate, racchiudenti ciascuna un
detenuto, disposte a raggiera e terminanti in una torretta, dall’alto
della quale il sorvegliante, simbolo del potere, può vedere ad ogni
momento gli atti anche minimi del sorvegliato. Chi vede non è visto e chi non vede è visto. Sarebbe il modello ideale dello Stato autocratico secondo cui il Principe è tanto più capace di farsi ubbidire quanto più egli è onniveggente, ed è tanto più in grado di comandare quanto più è invisibile.
Nel modello del Panopticon, a decidere è il Principe. Lo fa, naturalmente, con l’ausilio dei suoi fidati cortigiani:
un’unica cabina di regia, quindi, che filtra le più diverse
sollecitazioni dei proprietari di beni immobili e che elargisce premi o
limitazioni, in potenzialità edificatorie, secondo i criteri dettati da Linee-Guida preliminarmente concordate all’interno della coalizione di maggioranza.
Il non aver promosso un solo confronto pubblico nelle fasi preliminari alla predisposizione del PUC, è segno inequivocabile che la Amministrazione comunale ha rinunciato aprioristicamente a svolgere il ruolo di soggetto garante degli interessi di tutti
e che invece si è voluta consegnare nelle mani di pochi facoltosi
accreditati, subordinando alle loro volontà le altre scelte del
Piano.
Quale diversa lettura politica dovrebbe farsi quando si rinuncia a ricercare il dialogo con le stesse formazioni di minoranza? Per tali scelte, che sono di portata pluridecennale, una giusta sensibilità democratica avrebbe suggerito che almeno le Linee-Guida dovessero essere approvate dal Consiglio Comunale con voto unanime.
Tutto ciò non è avvenuto e segna la amara constatazione della crescente
insignificanza che la Classe Politica va assumendo rispetto ad altre
componenti sociali organizzate, soprattutto tra i settori della impresa e
della finanza. Una subalternità che la società paga in termini di
ingiustizie individuali e preoccupanti squilibri sociali.
La Città è il luogo per eccellenza dove va praticato l’esercizio della democrazia e della partecipazione nelle scelte di rilevanza pubblica; ma
che cosa rimane di essa se, in fase creativa, le viene sottratta la
possibilità del confronto su ciò che dovrebbe essere il proprio
futuro?
Questa proposta di PUC nasce nel segno di una stella conosciuta da pochi astrologi e rischia di essere etichettato come il Piano dei cortigiani.
Un Piano che -viste le metodologie applicate per la sua
predisposizione- tanto valeva venisse varato sin dall’inizio della
avventura del Centro-Destra in Alghero, casomai affidandone la stesura
ad un Ufficio Tecnico comunale opportunamente organizzato: non si
sarebbero persi sette anni di tempo e si sarebbe ovviato al contenzioso
legale (sorto con l’Architetto Zoagli, estensore del Piano) che ha
comportato ulteriori notevoli esborsi alle già deficitarie casse
comunali.
Tonino Baldino (febbraio 2010)